Wednesday, April 19, 2006

Miti

Miti, simboli e segni
o
Luoghi della memoria nella Commedia di Dante
Autrice: Maria do Céu Diel de Oliveira
Professoressa del "Departamento de Desenho da Escola de Belas Artes" della UFMG (Università Federale di Minas Gerais).
Professoressa del Programma di Master in Arte della UFMG.
Responsabile del gruppo di ricerca LINHA: Gruppo di ricerca sul Disegno e la Parola.
Ricercatrice di OLHO: Laboratorio di studi visivi della FE-UNICAMP.
Incisore e Disegnatrice.
Parole chiave: Memoria, Retorica, Cicerone, Dante, Educazione, Ars Memoriam, teoria dei Loci.
Riassunto:
Questo articolo tratta della mia ricerca relativa alla pedagogia della memoria e l'Ars Memoriam, e i suoi luoghi di reminiscenza o meraviglie.
Basandomi in studi della Retorica, nella Commedia di Dante, negli studi di Francis Yeats e Milton José de Almeida, cerco di porre in relazione l'origine dell'arte contemporanea alla retorica e non proprio alle arti visive. Per questo ho studiato i Trattatisti e la Patrologia, incontrando in S.Agostino, S.Tommaso d'Aquino e S.Ambrogio le origini di una pedagogia della visione, nata in trattati teologici e successivamente trasposta alla pittura , architettura e incisione.
Per questo cerco tracce nei luoghi della memoria, nella teoria dei Loci di Giordano Bruno. Nella mia ricerca questi luoghi sono situati in diverse regioni italiane: Venezia, Padova, Vicenza e Ravenna al Nord, Napoli, Monreale e Sicilia al Sud, oltre a Cagliari, in Sardegna.


"Quando la memoria stessa perde qualunque ricordo, come succede quando ci dimentichiamo e cerchiamo di ricordarci, dove, in fondo, la cerchiamo se non nella memoria stessa?"
S. Agostino, Confessioni, L.X, 19.

Per presentare in questo Colloquio i percorsi di una ricerca, sento la necessità di ritornare all'origine di questo lavoro, quando mi immersi nello studio di Dante Alighieri e del suo Inferno. Desidero in questo modo, ricordando i miei appunti, entrare in reminiscenza1 per evocare le "immagini agenti" che hanno ispirato i miei scritti, disegni e la mia azione come ricercatrice e artista.
Faccio come Umberto Eco che ricorda al lettore l'importanza dello stato di fiducia quando passeggia per l'universo della finzione, invito gli ascoltatori a camminare nei boschi della realtà e della percezione, con la promessa che il cammino non sarà fastidioso. Quindi, prima di presentare la ricerca che qui mi ha condotto, desidero riavvicinarmi, come dice Harold Bloom, a questo "autore forte".
Desidero leggere un poco di quello che ho colto in Dante Alighieri quando studiavo l'Inferno e le sua rappresentazioni allegoriche e letterarie, attraverso Boccaccio e altri commentatori. Stavo studiando, tra le altre cose, le allegorie e la natura delle punizioni nell'Inferno. Volevo individuare la fonte delle immagini di "miracula" e "mirabilia" testimoniate dagli abitanti della "civitas diaboli".

Per chi ha letto Dante e di lui si ricorda ...
Dopo aver vinto il suo timore e l'insicurezza nella selva oscura, Dante si trova di fronte all'ingresso dell'Inferno, sovrastato da terribili parole ... Metafora dello sconosciuto e sublime, minaccia e richiamo irresistibile, Dante lo supera e avanza, condotto dalla guida che giunge dal Limbo, Virgilio, con la speranza di incontrare Beatrice, "donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento di quel ciel c'há minor li cerchi sui"... (II,75-77).
Porta, arco, portone, entrata, passaggio ... parole-immagine che definiscono cambiamenti di stato, scala, realtà, opposizione, estraneità ...
Dante si butta, portando con sé solo la sua memoria e immagini di pietà, rancore, paura e grande timore, di giustizia e verità, parole queste che saranno il suo unico legame con tutto quello che ha lasciato alle spalle. Senza tutto ciò non potrà affrontare l'Inferno e girovagare per le sue bolgie. A ogni passaggio, all'incontrare figure note della Storia, miti e avversari politici, riporta a sé l'aria della sua città e con questa la luce, labile divisione tra quello che adesso il suo corpo rimpiange e che lo ha abbandonato.
Il confronto diventa così palpabile, c'è un ricordo vivo, il suo corpo come testimone della memoria e delle sensazioni di un corpo vivo. Ai morti dell'Inferno è concessa la possibilità di ricordare, ma il ricordo è usato come mezzo per aumentare il dolore e la pena inflitta, dato che il ricordo della vita anteriore si confronta con un presente immutabile. Ad alcune anime é concesso il potere diprevedere il futuro, ma l'eternità è l'infinito, perdendo così i peccatori la nozione del tempo nel quale sono immersi.
Dante ha bisogno di questa realtà per potersi perdere nell'Inferno, poiché è il filo di Arianna che lo riporterà indietro. Più che Virgilio, che per diverse volte riparerà il suo corpo vivo dai pericoli, Dante ricorrerà alla memoria della sua città natale. Vaghi e indefiniti confronti richiameranno l'atmosfera del mondo vivo e impediranno, durante tutto il tragitto del poeta, che si consegni alla degenerazione della ragione all'insanità di questo nuovo ordine. Senza questo alito di vita in mezzo alla pestilenza, senza potersi incontrare con conosciuti, Dante si dimenticherebbe il motivo per cui si é avventurato nell'abisso: ricordare e scrivere, creando un testamento morale che porti, in modo inverso, l'Inferno alla superficie.
Sacrificando la sua memoria, condenserebbe l'immagine dell'insanità, mantenendo il corpo in salvo.
Al ricordare la superficie, seppure in conflitto, mostrando i segni della degenerazione dei costumi, il poeta richiama le sensazioni di beatitudine e familiarità che derivano dagli elementi di contemplazione descritti.
Questi "luoghi della memoria", questi paesaggi del mondo vivo, sono immagini ampie, come proiezioni.
Il legame di Dante con la realtà della superficie si rivela essere più che una mera evocazione, prova che la vita del corpo ha bisogno di ricordi vivi. La memoria dei morti li riduce ancor più all'infinità delle loro disgrazie.
Quella di Dante lo conduce ancor più alla gioia di essere vivo e star vivendo, passando per ogni cerchio e lasciandolo indietro come qualcosa che deve essere dimenticato in quanto spazio, ma non come tempo. L'inferno così vissuto passa ad essere un mero ricordo, poiché solo così può essere affrontato: ombra di sé stesso senza mai essere esistito, immagine che si imprime senza mai essersi realmente formata.
Dante, poeta e pellegrino, ci mostra l'Inferno visto solo nella memoria.
Stando nell'Inferno senza mai esserci andato, uscendovi senza mai esserci entrato, enuncia un doppio riflesso senza origine: la parola che é l'immagine.
L'immagine evocata per mezzo della retorica della parola è, nell'Inferno, la forma di rappresentazione di quello spazio e dei suoi abitanti.

Descrizioni di temperatura, odore, movimento, velocità, luce e ombra, altezza e descrizioni geografiche se fondono con gli elementi terreni che ci circondano e che sono il nostro riferimento di lettore. Iniziando la lettura dei cerchi più profondi, l'immagine doppia diventa immediata: la lettura impressa nella retina ha bisogno di una duplicazione del reale, il lettore richiamerà il paesaggio più desiderato, adeguato all'opposto di quello che legge.
La rievocazione si può sovrapporre, ma non annullare. Si rende indispensabile, perché c'è bisogno della ragione per poter continuare il pellegrinaggio in un universo irragionevole. L'Inferno mostra il suo lato più seducente quanto più s`avvicina all'universo della realtà per farne l'origine delle sue immagini. Quest'Inferno di cui sto parlando non sarà più sotterraneo se gli riconduciamo le immagini che riconosciamo, sovvertendole a suo beneficio, quello della sopravvivenza nella memoria, poiché l'Inferno è la dimora dell'Inganno.
Nel pensare che può sfuggire alla sua seduzione, le immagini unite, adesso realtà e immaginazione, continuano fuse. Sempre, quando l' una o l'altra saranno evocate, ambedue coesisteranno. Dante ricorre ad elementi retorici per costruire questo Inferno. La memoria del corpo è quella degli occhi. Il doppio percorso fatto dagli occhi tra la parola impressa e l'immagine corrispondente è il luogo dell'Inferno, uno spazio misurabile, ma compresso.
Come si può pretendere di scappare dalla seduzione dell'Inferno se anche questo emana immagini familiari? Come librarsi al di sopra della tensione tra l'immagine contenuta nella parola e quella che esiste nella memoria?
Ecco qui la questione della memoria: è presente nel dialogo dell'angelo con S. Paolo, nell'Apocalisse, quando questi domanda al santo se ha osservato tutte le cose o quando l'angelo chiede a S.Paolo di riporre in sé quello che ha visto.
Osservare, riporre, ricordare, memorizzare diventano risorse che risiedono al di fuori del poema, sono nelle immagini evocate dalla memoria del lettore.
La proiezione di un luogo nella memoria esiste esternamente al testo apocrifo o al poema: deriva da immagini mentali di luoghi memorabili, che hanno nel poema la descrizione, ma che hanno nel lettore la rivelazione. L'atto di rivelare, mostrare e espellere qualcosa nascosto passa per un gesto, del corpo o dello spirito. Camminare, guardare in cima o in basso, retrocedere, voltarsi, nascondersi. Linguaggio corporeo che deriva da una volontà, ma che può succedere appena nella memoria. La punizione per chi spia nella profondità dell'Inferno è la perdita della memoria: questa cesserà di esistere, non sarà possibile allo spirito sorpreso sul fatto ricordare, e, da li sapere.
Il tempo nell'Inferno è ridotto al suo aspetto ontologico: com`è in se stesso.
La perdita della memoria impedisce alle anime di comprendere il tempo nel suo aspetto psicologico, come lo capiamo.

Conoscenza e ricordo cominciano a non avere più una collocazione, spostati e senza luogo. Il cammino di ritorno sembra risiedere nell'impossibilità di sapere, nel sospetto di una esistenza... la memoria è fisica quando può essere strappata, esige un luogo che non è più di questa natura... la memoria si disloca, ma il luogo sembra rimanere.
* * *
Qui chiudo con l'Inferno, o per lo meno una parte della ricerca che ha evidenziato la memoria, Ars Memoriam, come il luogo della punizione del peccato dell'intelligenza...
Mi piacerebbe continuare questa provocazione ricordando un'"immagine agente" che mi si è proposta durante un viaggio di ricerca nel Veneto: il "Teatro Olimpico" di Vicenza.
Vorrei iniziare così, con un'immagine, per avere uno scenario del mondo in cui saranno inizialmente annunciati i segni di un percorso d'indagine.
Illustrazione 1Teatro Olimpico, Vicenza. Palladio/Scamozzi, 1585
Dalle nicchie del Teatro Olimpico di Vicenza emergono sculture di gesso e paglia di greci e romani... vicino alle colonne cieche del progetto palladiano, sono collocate le figure emergenti della società vicentina, adesso rinforzate da una nobile origine, non più tedesca.
Secondo il progetto visivo, il teatro stesso conserva lo scenario della prima opera li rappresentata il 3 di marzo del 1585.
Vincenzo Scamozzi elabora una complessa prospettiva per la costruzione delle sette vie della Tebe dell'Edipo Re. Così, didatticamente, da un punto immaginario della linea dell'orizzonte della storia, sorge la didatticizzazione della visione, impregnata nella forma pedagogizzante della prospettiva.
A partire da questa visione nella città di Vicenza, ho iniziato un pellegrinaggio per diverse città italiane, dove ho potuto osservare la pedagogia della visione nell'archituttura, pittura e scultura. Iniziando la mia ricerca nel 1997 nel nord d'Italia e attraverso autori come Cicerone, Ripa e Dante, ho cercato di tracciare un itinerario per la rappresentazione del corpo e delle
sue allegorie e la loro relazione con l'arte.
Negli ultimi due viaggi al sud d'Italia, nel 2003 in Sicilia e nel 2004 in Sardegna, ho incontrato nuove rappresentazioni della società e del suo corpo, nella Catacomba dei Cappuccini, a Palermo, nei mosaici di Monreale e, più recentemente, nelle immagini in cera fusa realizzate da Clemente Sussini per il Corso di Medicina dell'Università di Cagliari all'inizio del Secolo XIX. Cerco di costruire una solida struttura investigativa, informata dalle rappresentazioni della società attraverso il suo corpo nella scienza e nella religiosità che, unita agli studi della retorica e l'Ars Memoriam, arrivano a noi in forma di una visualizzazione didatticizzante e piena di significati, presenti nell'educazione e nell'organizzazione dell'università e degli studi superiori.
Quello che questi luoghi rappresentano come emblemi di un ordine visivo, organizzato dalla Prospettiva, elaborando un complesso discorso di persuasione.
Nell'allegoria di Cesare Ripa:
"la Retorica, bella e ricca signora, con un'espressione allegra, ha la mano destra sollevata e aperta e nella sinistra regge un libro e uno scettro, con sulle vesti una frase: Ornatus Persuasio. I suoi occhi sono rossi e i suoi piedi calpestano una chimera. La mano aperta è un avviso all'oratore che la deve tenere libera, perchè possa interpretare e gesticolare."

La convinzione e la persuasione sono elementi che si incontrano nell'Architettura rappresentati dai progetti palladiani che concedono spazio alla narrativa della scultura e della pittura. Nella città di Vicenza il progetto del teatro rappresenta il desiderio di una città di reinventare l'origine del suo linguaggio e del suo popolo. Lo stesso progetto è aperto in chiese, palazzi e altri luoghi dove il discorso visivo descrive appena l'immagina e enuncia appena la sua possibilità.
La prospettiva proietta lo spettatore fuori dalla dimensione della pittura e dell'architettura. La rappresentazione dello spazio restringe il pensiero e contiene una narrativa ideale, che si unisce a uno spazio reinventato.
S.Ignazio di Loiola, S.Domenico e S.Ambrogio elaborano trattati che qua chiamerò di perversione visiva, dove l'immaginazione ( o invenzione retorica) crea scenari per la tragedia umana, nella speranza della purificazione.
Lungo questo cammino ho incontrato le stanze delle mereviglie, le stanze o armadi dove si sarebbero rifugiate le immagini agenti, guidate da un'ideale estetico-retorico. Concentrato di invenzioni, storie, allegorie, mitologia e alchimia, sorgono come opera d'arte totale, innalzamento dell'intelligenza e percorsi per uno spirito in mutazione.
Nelle stanze e negli armadi sono le collezioni di oggetti e manufatti le cui origini si legano alla mirabilia e alla storia nascosta delle culture. Concepite come studioli, stanze di accesso privato in sensi diversi, sono ripieni di eccentricità e immaginario, gravidi di associazioni complesse.
Tra le molte immagini che attualmente posseggo di queste stanze, ho scelto questa come immagine agente, questo armadio che rappresenta uno scheletro alla maniera di Vesalio nelle sue De Humani Corporis Fabrica, che medita appoggiato ad una colonna e una clessidra. Questo Memento mori mostra la vanità, ma la rappresentazione del corpo è un'angoscia del futuro (come agisce in noi il "Col tempo", di Giorgione, nella Galleria dell'Accademia di Venezia).
Ripiene di discorsi, le stanze delle meraviglie danno origine ai musei di storia naturale quando meraviglie naturali, e ai musei e gallerie d'arte quando la collezione contempla la scultura, pittura, oreficeria, incisione e altre arti.
Illustrazione 2 Armadio Memento mori, Paul Richiel, Castelo de Ambras, sec XVI
È in questo spazio della rapresentazione, aiutato dall'invenzione e didatticizzato dalla prospettiva, che avviene il racconto, la storia che è raccontata. Questa scrittura si imbeve della morale dei gesti e dei costumi, nella fortuna letteraria di alcuni autori e negli aspetti pedagogicizzanti. Le stanze, gabinetti, studi, armadi, gallerie e musei compaiono nella mia ricerca come camere oscure di una memoria artificialis, dove germoglieranno la convinzione e la persuazione. Che società è questa che ha bisogno della seduzione narrativa per formare il suo immaginario?
Confesso che questo segno già mi preoccupava, ancor prima di incontrare altri luoghi fantastici abitati dalla rappresentazione incorporata della società.
Nella Catacomba dei Cappuccini a Palermo ho visto corpi rinsecchiti disposti secondo piccole rappresentazioni sociali, dove i ruoli originari continuavano ad essere rappresentati: una familia con madre, padre e figlio nato morto infissi in una parete calcificata, svolgendo il suo ruolo sociale e manifestando lo status della sua origine nei vestiti tarlati, ma visibili. Il teatro del mondo lì inscenato, in sei chilometri di cripta, non solo mostra una allegoria di sè stesso, ma esiste nell'angoscia del futuro, di nuovo. L'abbandono di una narrativa fa nascere in qualche posto il desiderio della storia, come compienezza e voce. Il mutismo eloquente della società scarnificata di Palermo si innalza rumorosamente fino a livelli insopportabili.
Didatticizzare la comparsa delle immagini per mezzo dell'"Ars Memoriam", di Cicerone:
"quelli che desiderano rievocare (reminisci), cioè fare qualunque cosa più spirituale o intellettuale che semplicemente ricordare, devono ritirarsi dalla luce pubblica verso una scura intimità, perchè nella luce pubblica le immagini delle cose sensibili (sensibilia) sono disperse, e il loro movimento è confuso. Nell'oscurità, al contrario, sono compatte e si muovono ordinatamente". Magno, Alberto. De memória et Reminiscentia in Yeats, Francis
L'oscurità, i luoghi e altri artifici del genere sono risorse retoriche care ai musei a gallerie, ai musei di storia naturale e ai luoghi di esposizione e mostre d'arte. Tra archi e colonne di un progetto visivo si situano le immagini che vogliono essere le "immagini agente", alla ricerca di una nuova storia per la loro esistenza.
In questo modo, la Retorica con le sue Immagini, alleata all'Ars Memoriam, la prospettiva e i progetti visivi, ha elaborato un complesso percorso discorsivo, che ha finito per rinunciare alla immagine stessa, purificandosi nell'intellettualismo e nella narrativa condiscendente.
Oggetto dell'arte contemporanea è il suo proprio discorso, tessuto nella purificazione e proiettato dalla prospettiva escludente, proiettato nella macchina della memoria dell'esistenza.

Bibliografia:
ALMEIDA, Milton José de. Cinema: arte da memória. São Paulo: Autores Associados, 1999.
ALIGHIERI, Dante. Divina Commedia: Introduzione di Italo Borzi, commento a cura di Giovanni Fallani e Silvio Zennaro, Milano: Biblioteca Economica Newton, 1996
ALPERS, Svetlana. A Arte de Descrever. São Paulo: Edusp, 1999.
BLOOM, Harold. A angústia da Influência: uma teoria da poesia. São Paulo: Imago Editora.
QUINTILIANO. Instituições Oratórias. São Paulo: Edições Cultura, 1944. Segundo Volume.
RIPA, Cesare. Iconologia. Milano: TEA, 1992. (a Cura di Piero Buscaroli)
SANTO AGOSTINHO. Confissões. São Paulo: Paulus 1997. (Tradução de Maria Luiza Jardim Amarante)
________. O Livre Arbítrio. São Paulo: Paulus, 1995. (Tradução de Nair de Assis de Oliveira)
RIGON, Fernando: Il Teatro Olímpico di Vicenza.1995

5 comments:

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